Che Artemisia Gentileschi (1593 –1654) fosse bella e volitiva si capisce dai suoi quadri dove presta se stessa per raccontare le eroine bibliche, vendicatrici o vittime di uomini e poteri spietati: Susanna, Giuditta, Cleopatra. Ma com’era veramente l’antesignana di tutti i Me Too della storia (fu violentata da un impunito Agostino Tassi)? Esiste un solo dipinto, a firma dell’amico Simon Vouet, celebre artista parigino e figlio d’arte come lei, divenuto patrimonio di Palazzo Blu di Pisa (città di origine del padre Orazio) ed esposto fino all’8 marzo quando poi verrà prestato alla National Gallery di Londra per una mostra su Artemisia appunto. Vouet la coglie davanti al cavalletto con tavolozza e matita, abito giallo zafferano, orecchino di perla e uno sguardo fiero e ironico al tempo stesso. Ma si capisce che è davvero lei dal medaglione che ha sul petto con inciso quel Mausoleion riferito alla principessa di Alicarnasso Artemisia.